lunedì 3 ottobre 2011

Cari amici della redazione,
scrivo per sottoporre al vostro giudizio e al vostro consiglio una questione molto importante per me.
Mi sono innamorato (cioè sono perso completamente) di una ragazza che neanche mi vede e sono sicuro che lei non sospetta per niente che io sono pazzo di lei. Il problema è che sto soffrendo e questa ragazza è nella mia classe. Io non ho il coraggio di dichiararmi e non ce l'avrò mai...sono condannato a soffrire, in più i miei amici non sanno che io ho una cotta per lei perchè sono sicuro che mi prenderebbero in giro (non posso dire il perchè mi prenderebbero in giro se no si capisce tutto...).
Lei è bellissima...

Frimato: Bellafrappè

p.s.: posso anche essere una femmina che ha scritto fingendosi un maschio!!!! Oppure no...chi lo sa? Che figata la redazione!!

giovedì 29 settembre 2011

Inizia oggi una rubrica dedicata a tutti coloro che, in forma assolutamente anonima, possono scrivere alla REDAZIONE DELLE CLASSI 3^C e 3^D per ricevere consigli, opinioni, conforto...possibili critiche (perché no? siamo aperti al dialogo, purché educato e rispettoso delle altrui opinioni). Nella parte sottostante troverete una prima lettera che mi è stata inviata via mail e che pubblico in forma anonima (firmata con uno pseudonimo, cioè con un nome falso). Tutti i lettori del blog sono invitati a rispondere in forma libera e a inviarmi privatamente le loro lettere che saranno pubblicate senza rivelare il nome di chi le scrive.


LETTERE ALLA REDAZIONE

E' da quando è iniziata la scuola che mi sento triste, senza stimoli per alzarmi dal letto e venire a scuola. Le amicizie non mi soddisfano, molti che credevo amici si sono rivelati NON amici. Vorrei anche cambiare posto di banco ma ho paura di offendere il mio compgano o compagna di banco (non voglio dire se sono un maschio o una femmina e nemmeno se il mio compagno di banco è un maschio o una femmina). Mi sento solo, non voglio crescere e non voglio assomigliare ai grandi che mi fanno paura. Tutto questo mi fa stare male e vorrei un consiglio per tornare a sorridere di nuovo.

Firmato: Atomic3


venerdì 23 settembre 2011

AFGHANISTAN

Tre militari italiani perdono la vita
in un incidente stradale vicino a Herat

Non si è trattato di un attacco terroristico ma di una sciagura vicino alla nostra base, nella zona di Herat. I soldati coinvolti addestravano personale afgano. Il numero delle nostre vittime, dall'inizio della missione Isaf, sale a 44


KABUL - Si stavano spostando nella zona di Herat, vicino alla base. Sono tre i militari italiani morti per un incidente stradale questa mattina in Afghanistan. Uno dei soldati è morto sul colpo. Altri due, in gravissime condizioni, dopo l'arrivo dei soccorsi. Le vittime sono il tenente Riccardo Bucci, lagunare della Serenissima di Venezia; il caporal maggiore scelto Mario Frasca, in servizio presso il Quartier Generale del Comando delle Forze operative terrestri di Verona; il caporal maggiore Massimo Di Legge, del Raggruppamento Logistico Centrale di Roma. In un incidente separato, a Bala Murghab, in uno scontro a fuoco è rimasto ferito un altro militare italiano.
Massimo Fogari, portavoce dello stato maggiore della Difesa, ha spiegato che i tre soldati di Herat "appartenevano ad una unità affiancata all'esercito afgano e stavano rientrando verso il comando, in una zona molto trafficata. Si è trattato solo di un incidente stradale. Erano impegnati in una missione di collegamento, si spostavano cioè per dare informazioni logistiche-amministrative".
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha mandato un messaggio ai familiari delle vittime per esprimere il dolore e il "cordoglio di tutto il Paese". E "grande vicinanza alle famiglie dei caduti" è stata espressa dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa, mentre da New York, dove si trova per rappresentare il governo all'Assemblea dell'Onu, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha ribadito che "questo dolore non può e non deve arrestare il processo di transizione verso la democrazia ormai avviato in Afghanistan e reso possibile anche grazie all'altissimo prezzo pagato dalle nostre Forze armate".
Con quest'incidente, sale a 44 il numero degli italiani morti dall'inizio della missione Isaf. I nostri soldati impegnati nell'operazione sono in tutto 4.200.

(www.larepubblica.it 23 settembre 2011)

sabato 21 maggio 2011

Le isole scomparse del Dio Ram

Le isole scomparse nel mare del dio Ram

Poomarichan e Villanguchalli si sono inabissate. Erano due delle 21 lingue di terra del Parco nazionale di Mannar. La causa: la continua estrazione mineraria della barriera corallina usata per i materiali da costruzione. Uno strato calcareo estremamente prezioso per l'ecosistema. Del quale l'uomo ha approfittato troppo
di RAIMONDO BULTRINI

BANGKOK - Molti scienziati sostengono che migliaia di anni fa doveva esserci una lunga striscia di sassi e sabbia tra la costa sud orientale indiana del Tamil Nadu e l'isola di Ceylon, oggi Sri Lanka. Veniva chiamato Adam Bridge, il Ponte di Adamo, in omaggio alla credenza islamica che attribuisce al nostro progenitore la leggendaria passeggiata fino al picco di Ceylon dove restò in meditazione su un solo piede per mille anni. Per gli hindu il dio Ram usò quest'autostrada marina - chiamata in India Ponte di Ram - per andare a salvare sua moglie Sita dalle grinfie del demone Ravana che l'aveva rapita e portata a Ceylon, accompagnato dal possente esercito di scimmie capeggiate dal loro re Hanuman.
Ancora oggi le navi più grandi fanno fatica a trovare un passaggio in questo tratto di mare vasto 500 km quadrati e costellato fino a pochi mesi addietro di 21 piccole isole semideserte del Parco nazionale di Mannar, oggi ridotte a 19 dopo l'inabissamento quasi improvviso di due atolli, Poomarichan e Villanguchalli. All'inizio se n'erano accorti solo gli esperti di Oceanografia e i pescatori che a migliaia solcano queste acque mitologiche. La colpa venne subito attribuita al surriscaldamento dell'atmosfera e allo scioglimento dei ghiacciai.

Ma ricerche più recenti hanno sentenziato che la sorte di Poomarichan e Villanguchalli, a differenza degli altri casi, è stata segnata più dall'intervento degli uomini che da quello di madre natura. L'estrazione mineraria della barriera corallina usata per i materiali da costruzione ha di fatto eroso la base sulla quale poggiavano i tre metri di terra emersa, dicono ora gli esperti, come S. Balaji, responsabile delle foreste e della fauna selvatica di questa regione Indo-Pacifica, unica per le sue risorse biologiche marine con 3600 specie di flora e fauna spesso rarissime. Sono stati principalmente i pescatori delle coste ad approfittare indiscriminatamente e illegalmente (le normative per i vincoli del Parco sono state adottate solo nell'89) di questo substrato calcareo estremamente prezioso per l'ecosistema.
"L'assenza di regolamenti prima del 2002 - ha detto Balaji - è stata la causa di una selvaggia estrazione mineraria interrotta troppo tardi per evitare l'inabissamento delle due isole. L'innalzamento del livello del mare, che qui è stato più lento della media globale, ha avuto a sua volta un impatto, ed "è sicuramente un campanello d'allarme serio per l'intero Oceano indiano" - ha detto il funzionario indiano che dirige anche una fondazione per la salvaguardia della biosfera del Golfo di Mannar.

Della sorte di queste isole sono preoccupati anche gli scienziati dell'Ente per i programmi di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). "Il golfo di Mannar è una riserva unica per gli ecosistemi come le barriere coralline, le mangrovie e le alghe", ha commentato il biologo marino Deepak Samuel. "È un vivaio per numerose conchiglie - ha aggiunto - e pesci pinnati (un quarto delle 2000 specie vive qui). Questo significherà la progressiva fine del processo riproduttivo in questi tre ecosistemi."
Sono più di 300.000 i pescatori che dipendono dalle risorse delle isole Mannar per sopravvivere, senza contare la sorte delle specie autoctone come il dugong o "mucca" del mare a rischio di estinzione, ben 117 tipi di corallo, 13 delle 14 categorie di alghe dei mari indiani e un prezioso genere di perla raccolta da almeno 2000 anni.
Benché gli isolotti sommersi siano piccoli, - hanno ammonito i ricercatori - la stessa sorte può toccare a lungo termine alle isole più grandi se non rallentano il riscaldamento globale e l'estrazione mineraria illegale, assieme all'inquinamento delle industrie lungo la costa. Per capire l'importanza della barriera corallina in pericolo, fu proprio la sua massa compatta - secondo l'Istituto Oceanografico di Chennai - a salvare le spiagge indiane e molte delle coste dello Sri Lanka da conseguenze ancora più terribili di quelle subite durante lo tsunami del 2004.


Tratto e adattato da www.larepubblica.it del 17 maggio 2011

sabato 30 aprile 2011

LA PRIGIONE DI SILVIO PELLICO


Alle finestre delle prigioni laterali conobbi sei altri detenuti per cose politiche.
Ecco dunque che, mentre io mi disponeva ad una solitudine maggiore che in passato, io mi trovo in una specie di mondo perchè conobbi una persona in carcere. A principio mi dispiacque, perchè il lungo vivere solo mi aveva reso poco socievole.
Nondimeno quel poco di conversazione che prendemmo a fare, parte a voce e parte a segni, parvemi in breve un beneficio, se non come stimolo ad allegrezza, almeno come svago per non pensare. Della mia relazione con Giuliano non feci parola con nessuno. C'eravamo egli ed io dato parola d'onore che il segreto sarebbe restato sepolto in noi. Se ne parlo in queste carte, è perché, sotto gli occhi di chiunque, non sarebbe stato possibile indovinare chi, di tanti che giacevano in quelle carceri, fosse Giuliano.
Alle nuove citate conoscenze di prigionieri s'aggiunse un'altra che mi fu pure dolcissima.
Dalla finestra grande io vedeva, oltre lo sporgimento di carceri che mi stava in faccia, una estensione di tetti, ornata di camini, di campanili, di cupole, la quale andava a perdersi colla prospettiva del mare e del cielo. Nella casa più vicina a me, abitava una buona famiglia, che mi mostrò coi suoi saluti la pietà ch'io le ispirava.
Un saluto, una parola d'amore agl'infelici, è una gran carità!
Cominciò là, da una finestra, ad alzare le sue manine verso me un ragazzetto di nove o dieci anni, e lo sentii gridare:
«Mamma, mamma, han posto qualcheduno lassù ne' Piombi. O povero prigioniero, chi sei?»
«Io sono Silvio Pellico» risposi.
Un altro ragazzo più grandicello corse anch'egli alla finestra, e gridò:
«Tu sei Silvio Pellico?»
«Sì, e voi cari fanciulli?»
«Io mi chiamo Antonio S..., e mio fratello Giuseppe.»
Poi si voltava indietro, e diceva: «Che cos'altro debbo dimandargli?».
Ed una donna, che suppongo essere stata lor madre, e stava mezzo nascosta, suggeriva parole gentili a que' cari figliuoli, ed essi le diceano, ed io ne li ringraziava colla più viva tenerezza.
Quelle conversazioni erano piccola cosa, e non bisognava abusarne per non far gridare il custode, ma ogni giorno ripetevansi con mia grande consolazione, all'alba, a mezzodì e a sera. Quando accendevano il lume, quella donna chiudeva la finestra, i fanciulli gridavano: «Buona notte, Silvio!» ed ella, fatta coraggiosa dall'oscurità, ripetea con voce commossa: «Buona notte, Silvio! coraggio!».
Quando que' fanciulli faceano colezione o merenda, mi diceano:
«Oh se potessimo darti del nostro caffè e latte! Il giorno che andrai in libertà ricordati di venirci a vedere. Ti daremo tanti baci!»


Brano tratto e adattato da "Le mie prigioni", capo XLII, di Silvio Pellico

Silvio Pellico nacque a Saluzzo il 25 giugno 1789.
Fu proprio a causa del suo profondo patriottismo che nel 1820 venne arrestato con l'accusa di carboneria: condannato a morte, la sentenza fu trasformata in 15 anni di carcere duro, da scontare nella fortezza di Spielberg, in Moravia. Nel 1830 arrivò anticipatamente la grazia imperiale e, tornato in Italia, lo scrittore scelse Torino, si ritirò completamente dalla politica attiva, vivendo grazie ad un posto di bibliotecario presso la marchesa di Barolo.
Ad ogni modo non dimenticò l'esperienza carceraria, un evento che divenne il soggetto dell'opera "Le mie prigioni", del 1832.
Morì a Torino il 31 gennaio 1854.

domenica 10 aprile 2011

NAPOLEONE: L'ESILIO NELL'ISOLA DI SANT'ELENA E LA MORTE

Napoleone a Sant'Elena


Il 16 ottobre 1815 un bastimento inglese giunge a Sant'Elena col prezioso carico. Lì, con un piccolo seguito di fedelissimi, Napoleone dettò le sue memorie ed espresse il suo disprezzo per gli Inglesi, personificati nell'odiosa figura del 'carceriere' di Napoleone sir Hudson Lowe. Egli dettò al conte di Las Cases il Memoriale di Sant'Elena, una delle più grandi opere letterarie della storia e l'opera in cui appare nella sua grandezza e verità la figura di Napoleone. Nella seconda metà dell'aprile del 1821, lui stesso scrisse le sue ultime volontà e molte note a margine (per un totale di 40 pagine).
I dolori allo stomaco di cui già soffriva da tempo, acuitisi nel clima inospitale dell'isola e dal duro regime inglese, lo condussero alla morte il 5 maggio 1821: poco dopo aver appreso la notizia che Alessandro Manzoni scrisse la famosa ode Il cinque maggio, che ebbe una forte eco in tutta Europa e che fu tradotta in tedesco da Johann Wolfgang Goethe. Fu vera gloria?, Manzoni si chiese. Ai posteri l'ardua sentenza: nui chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui del creator suo spirito più vasta orma stampar.
Le ultime parole di Napoleone furono: "Francia, esercito, Giuseppina" (France, les Armée, Josephine): i tre più grandi amori della sua vita. Egli chiese di essere seppellito sulle sponde della Senna, ma fu invece seppellito a Sant'Elena. Nel 1840 i suoi resti furono trasportati in Francia e inumati all'Hôpital des Invalides a Parigi. Nove anni dopo la morte di Napoleone, i Borboni furono cacciati. La statua dell'imperatore venne restaurata sulla colonna di Place Vendome. Quando Gerolamo Bonaparte portò la notizia a Letizia, la vecchia madre ormai inferma, essa si rianimò e cercò con gli occhi il busto del figlio: L'imperatore è tornato a Parigi, sussurrò.

Teorie sulla causa della morte

La causa della morte di Napoleone non è certa. La versione ufficiale parla di morte dovuta ad un tumore allo stomaco, come risultò dall'autopsia. Lo stesso padre di Napoleone morì per la stessa malattia. Ci sono anche varie teorie che sostengono la tesi del lento avvelenamento con l'arsenico. Infine secondo un'altra teoria furono i medici di Napoleone a causarne la morte: a causa del tumore allo stomaco cercavano di alleviargli i dolori sottoponendolo a clisteri giornalieri e gli somministravano sostanze varie per farlo vomitare. Queste cure privarono l'organismo di Napoleone di potassio, avendo come risultato una grave forma di tachicardia che lo uccise.
Nel 1955 furono pubblicati i diari di Louis Marchand, cameriere di Napoleone. La sua descrizione negli ultimi mesi prima della morte porta alcuni alla conclusione che sia stato avvelenato con l'arsenico. L'arsenico a quel tempo era talvolta utilizzato come veleno ed era difficilmente rilevabile se somministrato per un lungo periodo di tempo.
In ogni caso si tratta di teorie.
Ma la domanda che ci poniamo è la seguente: che cosa avrà pensato Napoleone guardando l'Oceano che circondava quella piccola isola? Quanto deve aver sofferto un uomo come lui che aveva vissuto i fasti e la popolarità, che aveva avuto il comando di quasi tutta Europa?

Tratto e adattato da http://www.biografieonline.it/

sabato 2 aprile 2011

Picchiato dai compagni all'uscita da scuola

Dodicenne ricoverato in gravi condizioni

E' successo davanti a una scuola media di Lecce. Il ragazzino ha diverse contusioni e una sospetta frattura

di ALESSANDRA BIANCO

Tre contro uno. Ieri mattina all’uscita da scuola un 12enne è stato pestato da tre compagni di scuola e di classe. Allo scoccare della campanella il ragazzino è stato accerchiato e picchiato. Prima ingiurie, poi pugni e calci a cui lo studente della scuola media “Giovanni Falcone” di Galatina non è riuscito a sottrarsi riportando contusioni e lividi. A soccorrerlo la madre che lo aspettava fuori dall’istituto per riportarlo a casa. Quando la donna ha scorto il figlio riverso per terra si è allarmata ed ha chiamato il 118. Il minore è stato subito trasportato in ambulanza all’ospedale locale “San Giuseppe”. Il ragazzo, comunque, non è in pericolo di vita, ma, a causa della violenta colluttazione, avrebbe riportato ecchimosi su tutto il corpo ed un forte dolore al femore, tanto da far pensare ai sanitari a una frattura, fortunatamente rivelatasi poi, soltanto una lussazione.


I carabinieri hanno fatto scattare le indagini ed ascoltato il ragazzino, il quale avrebbe indicato i nomi dei suoi aggressori, permettendone l’identificazione. Si tratterebbe di due amichetti della sua classe, due di 11 ed uno di 12 anni, con cui pare avesse già avuto in passato dei diverbi ma sempre per futili motivi. Anche altre testimonianze avrebbero confermato la vicenda, sottolineando che già altre volte il ragazzino era stato preso di mira dai coetanei che, nonostante la gravità del gesto, sono stati affidati ai genitori, ma senza rischiare la galera. Il fatto di avere un’età inferiore ai 14 anni, infatti, non li rende imputabili (accusabili), perché si ritiene che un minore di 14 anni non sia responsabile totalmente delle sue azioni.

Tratto da http://www.larepubblica.it/ del 01 aprile 2011

venerdì 25 marzo 2011

AMORE O SOFFERENZA? ESSERE INNAMORATI A DODICI ANNI...


Le prime palpitazioni nascono sui banchi di scuola già alle elementari, se non alla  materna.  Si adocchia  la bimbetta o il bimbetto col quale si  lega per simpatia, ciò avviene in modo  naturale, all'improvviso, senza un motivo, nei bimbi non esiste un calcolo. Comincia così  il rito degli ammiccamenti, la complicità nei giochi, bacini innocenti e  sorrisi.  A quell'età non si viene presi in considerazione dai grandi, anzi diventa per l'adulto un argomento di derisione  da raccontare, sottovalutandolo. Secondo me,  pensandoci bene è  invece il più pulito. Poi, crescendo, cominciano anche le sofferenze, l'amore è anche questo! Nascono rivalità  e gelosie nei confronti dell'amica  più corteggiata  perchè più carina o più spiritosa o perchè non si viene corrisposti. Sono quei mali interni inspiegabili che tutti noi conosciamo,  un  malessere generale  che priva il corpo  delle forze,  porta  all'inappetenza e a  pianti di sfogo, tutto dipende dalla forza che risiede in noi nel superarlo.  Nell'età  adulta si diventa più  riflessivi, ma i mali del cuore restano sempre tali, anche se sono legati a motivazioni, fra virgolette,  più serie e meno fanciullesche. Spesso i ragazzi ne soffrono. Si  sentono inutili e non accettati,   si addossano colpe o   si attribuiscono difetti fisici non esistenti, senza pensare che questo è un sentimento  stupendo, ma complicato. Il  detto  tramandato  ci dice che "al cuore non si comanda! ". Purtroppo  in questi casi il cervello non vuole connettere per portarci alla ragione, e ci manca poco che finiamo tutti come il povero Orlando F.!  L'amore dovrebbe  essere un sentimento che riempie di gioia il cuore, la mente e l'anima, ma, in certi casi, gioca brutti scherzi. Come fare? 

Tratto e adattato da http://www.corriere.it/ , 2 gennaio 2011

Si accettano proposte e soluzioni! A voi ragazzi...

venerdì 18 marzo 2011

LA MAESTRA ORDINO': TUTTI IN FILA, C'E' IL TERREMOTO

di Vittorio Zucconi
Esperienze drammatiche del terremoto e dello tsunami che hanno colpito il Giappone. Ora si ha paura delle radiazioni delle centrali nucleari colpite dal sisma (= terremoto)


IN FILA PER TRE
"Terremoto, bambini" annuncia la voce dell'insegnante, come se annunciasse "compito in classe" o "merenda". Duecento alunni, fra la prima elementare e la quinta, si muovono tutti insieme. Salgono le scale, raggiungono il tetto piatto seguendo l'insegnante, si dispongono nello stesso ordine che avevano in classe, quelli della prima con quelli della prima, la seconda con la seconda, i maschi da una parte con le loro camicine bianche su calzoni blu, le femmine con le loro gonne obbligatoriamente plissettate e le calzette bianche dentro le pianelle. Gli insegnanti li fanno cantare, a turno. I più grandi ripassano un po' di matematica e di lettura dei "kanji", degli ideogrammi. Sotto di loro la lava sale, porta automobili, barche, pali della luce, masserizie quasi al livello del tetto, che è ad appena dieci metri di altezza, la stessa del muro iniziale venuto dall'oceano. Resteranno per sette ore sul tetto piatto, a cantare, a ripassare, a farsi i dispetti, fino all'arrivo degli elicotteri militari che poggeranno sul tetto e li porteranno via, tutti.
Naturalmente prima la prima, poi la seconda.... ultime le maestre.

NEL REGNO MAGICO
Topolino ha fatto la sua parte, e come non avrebbe potuto, lui così coraggioso, così altruista. C'erano 25 mila visitatori nella "Disneyland" di Urayasu a nord di Tokyo quando le guglie del "Regno Magico" hanno oscillato e i carrelli degli otto volanti si sono fermati automaticamente. Nella città dei divertimenti non mancavano né cibo, né acqua, né generatori, né edifici rimasti in piedi.
Venticinque mila persone, più gli impiegati, con dodici mila bambini stanno vivendo un sogno che potrebbe essere un incubo o viceversa: da due giorni abitano la città della fantasia, mangiando e dormendo a spese del Topo, in attesa che i trasporti pubblici ripartano e che possano tutti tornare a casa, se ancora hanno una casa. Ma molti bambini non hanno voluto dormire dentro la Casa dei Fantasmi.

LA DERIVA DELLE COSE
Satoshi Sakada di Fukushima ha visto tutto da una pianta, sulla quale si era arrampicato. Ha visto la sua casa, classico due piani con giardinetto, tra i rami di quell'albero che le foto ritraggono come l'unica cosa ancora in piedi sopra quella colata di cose e di liquame. "Mi sono visto passare davanti il televisore, che galleggiava come una tavola da surf, poi il frigorifero, poi il letto, poi la macchina, poi i tavoli e le sedie che mi scorrevano sotto i piedi mentre l'albero ballava. Era la mia vita che mi passava via davanti". Stranamente, Satoshi ha visto la deriva delle cose, ma non delle persone. "Non ho visto passare la mia famiglia, ma doveva essere sotto quella lava, o ancora dentro la casa aggrappata a qualcosa, quando l'acqua ha portato via anche quella".

TANTE SCUSE
Chusei Sato guarda la melma nera che ha inghiottito le sue risaie, coltivate da quando aveva 20 anni, 41 anni or sono. "Tutto finito, mi scusi tanto. La terra non potrà mai più tornare come prima. Mi scusi". È il proprietario di tanti di quei campi e di quelle serre ordinatissime che abbiamo visto risucchiate dall'avanzare della marea immonda.
La vide quando era a 200 metri dalla sua casa e gli sembrò lentissima, perché il fronte dell'acqua doveva prima entrare in avvallamento e poi risalire.
Quando si decise a correre fuori, a tentate di raggiungere un cocuzzolo non era troppo tardi per lui, ma per la sua famiglia. "Credo che l'acqua abbia inghiottito mia moglie e mio figlio, mi scusi".

Tratto da http://www.larepubblica.it/ del 13 marzo 2011

lunedì 7 marzo 2011

GARIBALDI, UN'ICONA DEL RISORGIMENTO


IL 17 MARZO 2011 SI FESTEGGIANO I 150 ANNI DELL'UNITA' D'ITALIA (1861-2011).

Uno dei protagonisti di questo incredibile evento è Giuseppe Garibaldi, o Peppino, come era chiamato, nato a Nizza nel 1807. All’epoca Nizza faceva parte del Regno di Sardegna, ma successivamente la città costiera fu ceduta alla Francia. Questo fatto fece infuriare Garibaldi, e la leggenda vuole che lo stesso Peppino dicesse di esser nato italiano, ma che sarebbe morto francese.
Continuò a condurre la sua vita da marinaio anche nei primi anni di vita in Brasile, dove si rifugiò dopo aver partecipato ad azioni insurrezionali (INSURREZIONE = RIBELLIONE). Qui incontrò Anita, alla quale fu vicino fino alla morte. Dopo essere tornato in Italia ed aver combattuto nella I guerra d’Indipendenza e a difesa della Repubblica Romana, dovette assistere alla morte della moglie, che seppellì vicino Ravenna, durante la fuga da Roma.
Dopo altre avventure, arriviamo a narrare forse una delle più eroiche spedizioni della storia italiana: quella dei Mille. I 1089 volontari (dei quali il più giovane aveva undici anni e il più anziano settanta!) salparono nella notte del 6 maggio 1860 da Quarto, nei pressi di Genova, con due navi, il Piemonte e il Lombardo, ed arrivarono a Marsala l’11 maggio. Già a Salemi ci furono i primi festeggiamenti per i garibaldini e spuntarono i primi tricolori. Garibaldi arrivò a Palermo. L’astuzia di Peppino e l’incompetenza dei generali Borbonici (che bombardarono la città per creare confusione, ma questo fece perdere loro l’appoggio dei palermitani), furono decisive per la conquista della città. Riuscì a passare lo Stretto di Messina e conquistò Reggio Calabria senza combattere, poiché molti generali si fecero corrompere. Il governo del Regno delle Due Sicilie si dimise e non c’era più niente da fare quando anche un farmacista stava togliendo lo stemma borbonico. Garibaldi entrato a Napoli rese omaggio a San Gennaro, partecipò alla festa di Piedigrotta ed entrò al teatro San Carlo inneggiando al Re Vittorio Emanuele II. Il generale e il Re sì incontrarono nei pressi di Teano (provincia di Caserta, in Campania). Alla vista del Re, Garibaldi, che indossava il poncho sulla storica camicia rossa, si tolse il cappello  e disse “Saluto il primo Re d’Italia”, e consegnò al Sovrano le terre conquistate. Il generale successivamente rifiutò onori e denaro, e si imbarcò dal molo di Napoli per Caprera (arcipelago della Maddalena, Sardegna).
Lì rimase pochissimo e tornò a viaggiare. Voleva conquistare Roma. Voleva risalire dalla Calabria, e qui dei bersaglieri, quindi sabaudi, gli spararono alla coscia destra (la pallottola fu estratta solo anni dopo dal medico personale di Napoleone III). Ormai il grande Generale era scomodo ai palazzi della politica. Andò a Londra, dove fu accolto da mezzo milione di persone, e nella III guerra d’Indipendenza salvò l’onore nazionale riportando alcune vittorie importanti e arrivando fino al Trentino.
Roma fu presa senza il Suo contributo,cosa che lo rattristò molto. Ma continuò a girovagare e a combattere.
A Caprera, in età avanzata, ebbe tre figli (oltre ai vari già avuti in passato, alcuni dei quali morti) da una ragazza astigiana, badante dei nipoti. Si scoprì che l’Eroe dei due mondi era povero: consigli comunali raccolsero fondi, Palermo gli concesse un vitalizio e il governo gli assegnò una cospicua pensione, accettata solamente quando al Governo venne eletto  Agostino Depretis (che combattè nei Mille).
L’ultima avventura fu un durissimo viaggio verso Palermo, dove fu invitato ai festeggiamenti per il sesto centenario dei Vespri Siciliani. Era malato e stanco, ma la folla lo salutò con un entusiasmo straordinario.
Tornò a Caprera e morì. Era il 2 giugno 1882, e aveva settantacinque anni splendidamente vissuti.
Perdonatemi per la lunghezza, per un articolo di giornale, e per la brevità, come ritratto storico, ma non potevamo festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia, senza parlare di Garibaldi, che incarna il Risorgimento ed è stato e rimane, forse, l’unico vero Eroe della Nostra Patria. Tanti Auguri Italia.

Articolo di Marco cecili, http://www.150litaliacanta.com/

sabato 19 febbraio 2011

USA: IL GIORNO DEL RINGRAZIAMENTO

Il Primo Giorno del Ringraziamento in un dipinto di Jean Louis Gerome Ferris

Questa storica tradizione risale all'anno 1621. Quando fu effettuato il raccolto nel novembre 1623, William Bradford, Governatore della Colonia fondata dai Padri pellegrini, a Plymouth, nel Massachusetts, emise l'ordine:


« Tutti voi Pellegrini, con le vostre mogli ed i vostri piccoli, radunatevi alla Casa delle Assemblee, sulla collina... per ascoltare lì il pastore e rendere Grazie a Dio Onnipotente per tutte le sue benedizioni. »
I Padri pellegrini, perseguitati in patria per le loro idee religiose, decisero di abbandonare l'Inghilterra e andare nel nuovo mondo, l'attuale America del Nord. 102 pionieri (52 uomini, 18 donne e 32 bambini) imbarcati a bordo della Mayflower, erano arrivati sulle coste americane nel 1621, dopo un duro viaggio attraverso l'Oceano Atlantico, durante il viaggio molti si ammalarono e tanti morirono. Quando arrivarono l'inverno era ormai alle porte, si trovarono di fronte ad un territorio selvatico e inospitale, fino ad allora abitato solo da nativi americani. I Pellegrini avevano portato dall'Inghilterra dei semi di vari prodotti che si coltivavano in patria e li seminarono nella terra dei nuovi territori, ma, vuoi per la natura del terreno, vuoi per il clima, la semina non produsse i frutti necessari al sostentamento della popolazione, per cui quasi la metà di loro non sopravvisse al rigido inverno. Questa situazione rischiava di riproporsi anche per l'anno successivo se non fossero intervenuti i nativi americani (gli indiani) che indicarono ai nuovi arrivati quali prodotti coltivare e gli animali da allevare, in specie il granturco ed i tacchini. Dopo il duro lavoro degli inizi, i Pellegrini indissero un giorno di ringraziamento a Dio per l'abbondanza ricevuta e per celebrare il successo del primo raccolto. Alla festa i coloni invitarono anche gli indigeni ai quali dovevano molto se la loro comunità aveva potuto superare le iniziali difficoltà di adattamento nei nuovi territori gettando le basi per un futuro prospero e ricco di ambiziosi traguardi. Nel menù di quel primo Ringraziamento americano ci furono delle pietanze che divennero tradizione per le feste - in particolare il tacchino e la zucca - insieme ad altre carni bianche, carne di cervo, ostriche, molluschi, pesci, torte di cereali, frutta secca e noccioline.

Nel 1676 il governatore della contea di Charleston, in Massachusetts, aveva deciso di indire un giorno di ringraziamento per la buona sorte di cui godeva la comunità e per celebrare la vittoria contro gli "indigeni pagani", cioè gli stessi nativi americani che avevano accolto e condiviso il territorio con Bradford e gli altri fondatori della colonia di Plymouth.
Nei secoli successivi la tradizione del Thanksgiving si estese a tutto il Paese. Le tredici colonie (i primi stati americani) non celebrarono contemporaneamente il Giorno del ringraziamento fino all'ottobre del 1777, quando ne fu indetto uno per festeggiare la vittoria contro gli inglesi a Saratoga nella guerra per l'indipendenza. Fu George Washington, il primo presidente degli Stati Uniti d'America, a dichiarare la festa per tutti gli stati nel 1789 proclamando una giornata nazionale di ringraziamento. Molti risero dell'idea, a cominciare da Thomas Jefferson, che da presidente non vi diede alcun seguito. Ma a metà del XIX secolo il Thanksgiving era diffuso nella maggior parte del territorio americano e osservato da tutti gli strati sociali, dai ricchi ai meno abbienti.

Il pranzo
La festa è molto sentita dagli statunitensi, i quali la celebrano preparando pranzi elaborati, il cui piatto principale è il classico tacchino, che viene offerto anche ai vicini di casa e alle persone meno fortunate. Solo negli Stati Uniti, più di 40 milioni di tacchini sono consumati durante il weekend festivo ogni anno.
I tipi di condimento del tacchino sono:
Sulla East coast
nelle zone dell'East coast è tradizione riempire il tacchino di ostriche.
Al sud
nelle cittadine del sud vige invece l'abitudine di condire la carne con la focaccia di granturco, secondo la tradizione del "ciò che si ha, si usa".
Al nord
nel nord degli Stati Uniti il tacchino viene condito con il wild rice, una tipica specie americana.
Tipica del pranzo del Thanksgiving è anche la salsa di ossicocco (mirtillo palustre o cranberry), fatta con bacche fresche o congelate. Un altro piatto tradizionale di questa festività sono per molti le patate dolci, unite a zucchero, spezie e burro, lo yam, o anche la torta di zucca.

Fonte: wikipedia

domenica 13 febbraio 2011

INTERNET, MINORI FUORI CONTROLLO

Di Marco Offredi, 17 gennaio 2011
ROMA - Una giungla, senza confini e senza punti di orientamento. È il mondo di internet, dove spesso a cadere nella rete sono proprio le nuove generazioni, o forse le prime generazioni “digitali”. E la cosa più preoccupante è che nemmeno i loro genitori sembrano rendersi conto della pericolosità di questa situazione. In quest’ottica, le ricerche che fanno luce sul fenomeno di internet non mancano. Destinatari privilegiati i pre-adolescenti e adolescenti: un universo di internauti da cui emerge un dato preoccupante: l’8% di minori tra i 15 e i 17 anni che usa Internet mette in rete proprie foto nude o sexy. Nella rete i giovani pre-adolescenti e adolescenti italiani portano tutto il loro mondo, a 360 gradi. Senza risparmiarsi nessuna esperienza, pur rischiosa: dall’inviare foto e immagini di sé nudi, a uscire con persone conosciute in Internet ad avere rapporti sessuali con qualcuno contattato in rete.
Minori fuori dal controllo dei genitori
Le insidie del web 2.0, assai più evidenti di quelle presenti nella "prima versione" della Rete, dall’adescamento in chat ai furti di identità, rischiano di trovare impreparati ragazzi, genitori e insegnanti. Secondo un’indagine condotta da Microsoft in 11 Paesi europei, Italia compresa, risulta che il 79% dei teenager europei oggi ha almeno una propria pagina su un social network: è evidente quindi che i rischi connessi a questa condizione non sempre trovano un’adeguata "alfabetizzazione digitale” da parte non solo degli utenti, ma anche di chi dovrebbe vigilare su di loro, insegnanti e genitori in testa.

L'adescamento in chat
I rischi maggiori sono legati all’adescamento in chat, che in alcuni casi si traducono in veri e propri casi di violenza. Sul web, in alcuni casi, si ripropongono le stesse dinamiche della vita reale, con le ragazze mediamente "più precoci" dei maschi.
Altro rischio, l’isolamento dal mondo reale: I genitori hanno sostituito la baby sitter o i nonni col computer e i ragazzi finiscono per “navigare” anche fino a 6-8 ore al giorno, in questo modo rischiano di perdere contatto con la realtà e compromettere la loro capacità nei rapporti interpersonali. In base alle ultime ricerche, il 63% dei teenager europei sono stati contattati online da sconosciuti (il 73% in Italia), con il 46% dei ragazzi che, solo spinto dalla curiosità, ha risposto a persone non fidate.


Fonte: www.ilgiornale.it

sabato 5 febbraio 2011

Italia, allarme della commissione Ue. "In Italia, semianalfabeta un 15enne su cinque"


Nei test Ocse-Pisa 2010 (simili all'INVALSI) pubblicati a dicembre, l'Italia fa registrare il 21% di quindicenni "con scarsi risultati in lettura". E i commissari li giudicano a rischio per il loto futuro, sociale e sul lavoro. Un quindicenne su cinque, in Italia, è semianalfabeta. Cioè privo "delle capacità fondamentali di lettura e di scrittura". Questa volta, a certificarlo è la Commissione europea che "per contribuire a risolvere il problema, ha istituito un gruppo di esperti indipendenti con l'incarico di individuare metodi per migliorare i livelli di alfabetizzazione", si legge in una nota della stessa commissione. Le lacune emerse in Lettura rendono per i giovani italiani ed europei "più ardua la ricerca di un lavoro e li pone a rischio di esclusione sociale".


Il gruppo di esperti si è incontrato per la prima volta l'altro ieri a Bruxelles ed è stato presieduto dalla principessa Laurentien dei Paesi Bassi, inviata speciale in tema di "Alfabetizzazione per lo sviluppo" per l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (Unisco). I ministri dell'Ue si sono prefissi l'obiettivo di ridurre a meno del 15 per cento entro il 2020 la percentuale di alunni che riscontrano difficoltà nella lettura, nella matematica e nelle scienze. 


E in Italia, come stanno le cose? Il Belpaese (= l'Italia), per bassi rendimenti in Lettura, è in coda tra i paesi più sviluppati. Nei test Ocse-Pisa 2010 pubblicati a dicembre l'Italia fa registrare il 21 per cento di quindicenni "con scarsi risultati in lettura". Cioè ragazzi "in grado di svolgere soltanto gli esercizi di lettura meno complessi come individuare una singola informazione, identificare il tema principale di un testo, o fare un semplice collegamento con la conoscenza di tutti i giorni". Appena il compito diventa più complesso, cominciano le difficoltà.


Paesi come Danimarca (15,2 per cento), Olanda e Svezia sono molto vicini all'obiettivo del 15 per cento. In altri contesti (come la Finlandia) la percentuale di adolescenti con scarse capacità di Lettura è addirittura al di sotto del 10 per cento. Mentre in Francia (19,8 per cento), Germania (18,5), Regno Unito (18,4), Spagna (19,6 per cento) e perfino Portogallo (17,6 per cento) le cose vanno meglio che in Italia, che supera la media europea di un punto e mezzo. Segno che c'è parecchio da lavorare.


"L'avvio di questo gruppo  -  spiega Androulla Vassiliou, commissario europeo per l'Istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù -  segna l'inizio di una campagna europea volta a individuare le cause principali dei bassi livelli di alfabetizzazione. Troppi europei si trovano esclusi dal mercato del lavoro e incapaci di contribuire pienamente alla società poiché non possiedono le capacità fondamentali di lettura e di scrittura. Se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi per l'Europa 2020 per una crescita intelligente, dobbiamo agire ora per risolvere il problema, perché solo i giovani potranno creare economie forti e competitive e società sane all'interno dell'Ue."

Tratto da http://www.repubblica.it/ del 03 febbraio 2011

martedì 1 febbraio 2011

ULTIME NOTIZIE: Egitto, due milioni contro Mubarak


IL CAIRO - E' il giorno della "marcia di un milione" oggi in Egitto. Annunciata
ieri dopo i giorni della rivolta e degli scontri di piazza, i manifestanti anti Mubarak
per le strade sono due milioni, secondo quanto riferito da fonti locali. Migliaia
di persone sono in strada.

Intanto il leader dell'opposizione egiziana Mohamed el Baradei ha detto
oggi che le opposizioni respingono qualsiasi dialogo prima che se ne vada il
presidente Hosni Mubarak.

Mubarak «lasci il Paese per evitare un bagno di sangue», e lo faccia
«entro venerdì, giorno battezzato come quello della "partenza"», ha
sottolineato El Baradei, il premio Nobel per la pace divenuto leader
dell'opposizione egiziana.

Sono forse 300 le persone morte nelle proteste in Egitto, ha affermato
oggi a Ginevra l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi
Pillay, citando notizie «non confermate». I feriti potrebbero essere oltre tremila,
centinaia gli arrestati. «Le vittime continuano a salire su base quotidiana, con
notizie non confermate che indicano fino a 300 persone uccise finora, oltre
3mila ferite e centinaia arrestate», ha affermato Pillay.

L'esercito, che ieri ha definito "legittime" le richieste dei manifestanti,
ha promesso che non userà la violenza per reprimere le manifestazioni.

I collegamenti internet restano bloccati in tutto il Paese, l'ultimo fornitore
d'accesso ancora in funzione, il gruppo Noor, è stato bloccato ieri. Il colosso
americano Google ha annunciato di aver messo a punto con Twitter un
sistema che consente di inviare twit senza necessità di collegarsi al web.
Stop anche ai treni, nel tentativo del governo di limitare l'afflusso di manifestanti
al Cairo.

Il presidente egiziano Hosni Mubarak pronuncerà un discorso dopo che
folle immense di persone hanno manifestato oggi per chiedere che se ne vada.
Lo ha riferito la tv satellitare Al Arabiya. Secondo un'anticipazione di Al Arabiya,
il presidente Mubarak nel suo discorso dirà che non si presenterà alle prossime
elezioni e che resterà in carica fino ad allora per rispondere alle richieste emerse
con la protesta.
Martedì 01 Febbraio 2011 - 09:21    Ultimo aggiornamento: 20:11

venerdì 28 gennaio 2011

IL REGIME DI MUBARAK SOTTO ASSEDIO BLOCCA INTERNET

Crescono le tensioni tra manifestanti e polizia
REGIME: FORMA DI GOVERNO CHE NON RISPETTA LE LIBERTA' DEI CITTADINI

IL CAIRO, 28 gennaio 2011 - Twitter è stata la prima vittima, poi sono cominciati i problemi con Facebook. Ma quando anche internet è stato oscurato, i democratici egiziani hanno avuto la certezza che le loro proteste stavano avendo un peso.
 “Il governo ha bloccato internet per impedirci di dire al mondo cosa sta succedendo davvero qui in Egitto”, ha detto Sherif Gomaa, l’impiegato di un bar del Cairo che ha partecipato alle proteste di piazza.
Le manifestazioni in cui si chiede l’espulsione del presidente egiziano Hosni Mubarak, praticamente un dittatore, sono ormai al quarto giorno, e non danno segni di volersi fermare. Sarebbero almeno quattro i morti e centinaia i feriti dall’inizio degli scontri, il 25 gennaio, dichiarata "Giornata della collera”.
Le proteste scoppiate in tutto il paese sono le più violente che il regime repressivo di Mubarak abbia mai visto nei suoi 33 anni al potere. Più di 1.200 dimostranti sono stati arrestati, secondo i gruppi locali per i diritti.
In un primo momento le autorità egiziane avevano negato di voler interferire nelle comunicazioni. “Il governo non ricorrerebbe mai a certi metodi”, aveva detto mercoledì scorso il portavoce del governo Magdy Rady alle agenzie stampa, affermando che il governo egiziano rispettava la libertà d’espressione, e avrebbe garantito la libera circolazione delle informazioni.
Secondo coloro che protestano, il governo avrebbe cominciato a bloccare internet già dal 25 gennaio, per impedire ai dimostranti di usare le reti sociali per coordinare le manifestazioni anti-regime, oltre a diffondere notizie sugli scontri con la polizia. Le interruzioni del servizio sono aumentate con l’intensificarsi delle proteste.
Il governo, che controlla l’accesso a internet, sembra abbia bloccato diversi siti web egiziani di privati noti per le loro critiche al regime.
Twitter è oscurato da martedì scorso. Facebook ha assicurato che anche le sue connessioni sono state bloccate.
È la prima volta che il governo egiziano blocca completamente il traffico internet in risposta a disordini sociali. Il blackout di internet è stato attivato proprio mentre gli attivisti tentavano di diffondere sul web immagini video delle violente azioni di polizia contro i dimostranti.
Gli attivisti hanno dichiarato il 25 gennaio “giornata della collera” per la prima volta su Facebook e Twitter, utilizzando i popolari siti di social network per raccogliere consensi. Più di 80mila persone si sono unite al gruppo di FB affermando che avrebbero partecipato alle proteste.
“Abbiamo dimostrato che l’attivismo online è in grado di trasformarsi in azione di piazza”, ha tuonato Mohamed Abdel Moneim, tra i 15mila manifestanti stimati presenti il 25 gennaio nella centrale piazza Tahrir del Cairo. “È cominciata su Facebook, per poi prendere piede per un effetto a catena e diventare qualcosa di molto più grande”.
Questa mattina sono stati interrotti tutti i servizi di telefoni cellulari e televisioni satellitari. Solo telefonia fissa e comunicazioni via fax sono rimasti in piedi.
“Quello che il regime sta vivendo non è il risultato di una rivoluzione del social network, ma delle politiche stupide e corrotte che ha portato avanti negli ultimi 30 anni”, aveva scritto il blogger egiziano Zeinobia.
Qualche ora dopo, il blog è rimasto silenzioso.

ROMA - La Casa Bianca (= Barak Obama) si è detta «molto preoccupata» per gli sviluppi della situazione in Egitto. La presidenza Obama ha esortato il governo egiziano a rispettare i diritti della popolazione e a riattivare l'accesso a Internet. E il segretario di stato Hillary Clinton ha ammonito le autorità egiziane a non usare la violenza contro le dimostrazioni pacifiche nel paese.
Tratto e adattato da larepubblica.it  28 gennaio 2011


sabato 15 gennaio 2011

La teoria razziale e l'antisemitismo di Hitler

ANTISEMITISMO vuol dire ODIO CONTRO GLI EBREI

La teoria razziale

a sinistra: Hitler e il suo amico Mussolini.

Al centro della teoria di Hitler sta l'idea della razza. Tutta la storia, dice Hitler nel suo libro "Mein Kampf", (traduzione: "La mia battaglia",1925), è solo espressione dell'eterna lotta tra le razze per la supremazia. La guerra è l'espressione naturale e necessaria di questa lotta in cui il vincitore, cioè la razza più forte, ha il diritto di dominare. L'unico scopo dello stato è mantenere sana e pura la razza e creare le condizioni migliori per la lotta per la supremazia. Di tutte le razze quella cosiddetta "ariana" o "nordica" è, secondo Hitler, la più creativa e valorosa, l'unica a cui spetta il diritto di dominare il mondo.

Tradotto nella realtà questo significava per Hitler prima l'unificazione dell'Europa sotto il dominio della nazione tedesca, per cercare poi nuovo spazio vitale all'est, cioè in Polonia e in Russia. Ma questo doveva essere, come scrive Hitler, solo il preludio dell'ultima grande sfida, dello scontro finale contro gli Stati Uniti. É un fatto singolare e molto significativo, che l'andamento reale della seconda guerra mondiale rispecchia quasi esattamente questa teoria, che Hitler aveva scritto a14 anni nel suo libro "Mein Kampf", prima dell'inizio della guerra.

Sicuramente a un qualunque e comune disoccupato tedesco faceva piacere sentire che in fondo non era un piccolo disgraziato, ma uno che apparteneva a una razza superiore. Parlando del suo futuro Reich, Hitler promette : "Essere uno spazzino nel Reich sarà onore più alto che essere un re in uno stato estero".

Perchè Hitler ce l'aveva con gli ebrei e voleva distruggerli?

UNA QUESTIONE RAZZIALE

a destra: la linea ferroviaria che conduceva all'entrata del campo di Auschwitz (Polonia) costituì il viaggio finale di milioni di persone. Ad Auschwitz e Birkenau morirono circa 3 milioni di persone (soprattutto ebrei polacchi).

Per Hitler gli ebrei non sono una comunità religiosa, ma una RAZZA, e cioè la razza che vuole rovinare tutte le altre. Mescolandosi con gli altri popoli, gli ebrei cercano di imbastardirli, distruggendo la purezza della razza e eliminando così la loro forza, necessaria per la lotta per la supremazia. L'ebreo è il nemico più pericoloso, è cattivo fino in fondo. Hitler dice : "Gli Ebrei sono come i vermi che si annidano nei cadaveri in dissoluzione." L'antisemitismo diventa in Hitler una vera e propria ossessione. Hitler disse: "L'Ebreo è colui che avvelena tutto il mondo. Se l'ebreo dovesse vincere, allora sarà la fine di tutta l'umanità, allora questo pianeta sarà presto privo di vita come lo era milioni di anni fa."

Oggi queste parole suonano decisamente ridicole, e anche all'epoca molti le ritenevano tali e vedevano in esse solo uno strumento politico per incanalare la rabbia del popolo su un capro espiatorio. E nella lotta contro gli ebrei Hitler si vede come difensore di tutta l'umanità: Nell'aprile del 1945, quando Hitler presagiva già la propria fine, disse: "Un giorno si ringrazierà il Nazionalsocialismo (= nazismo) del fatto che io ho annientato gli ebrei in Germania e in tutta l'Europa centrale".

ORIGINI DELL'ANTISEMITISMO

Nella storia della Germania l'antisemitismo ha trovato un'espressione particolarmente violenta e orribile. Ma non è certo una invenzione di Hitler, né è qualcosa nata e sviluppatasi solo in Germania. Qui si cerca di analizzare le varie fonti dell'antisemitismo nel corso della storia.

Origine n°1:

Gli ebrei sono quelli che hanno crocefisso Gesù!
La più antica fonte dell'antisemitismo è cristiana: "Gli ebrei sono quelli che hanno crocefisso Gesù!". Per molti secoli la chiesa ha alimentato nel popolo questa convinzione che serviva a giustificare la persecuzione e l'eliminazione della "concorrenza" religiosa in una società, soprattutto quella del Medioevo, in cui la chiesa voleva essere l'unica autorità, non solo religiosa, ma anche politica. 

Origine n°2:
Gli ebrei sono avari, degli usurai che si arricchiscono con i soldi degli altri!


a sinistra: una stampa del 1450 che rappresenta un cambiamonete ebreo.

Durante il Concilio del 1215, il Papa Innocente III, un nemico giurato degli ebrei, vietò ai cristiani di prestare soldi a interesse e consigliò di escludere gli ebrei dalle altre associazioni professionali. Successivamente, quasi tutte le associazioni professionali, riferendosi a queste leggi della chiesa, vietarono agli ebrei l'esercizio della loro professione e costrinsero questi a delle attività professionali (cambiamonete, prestasoldi etc.) che il popolo, comprensibilmente, odiava. Tutti, anche i contadini più poveri, dovevano rivolgersi prima o poi a un ebreo per farsi prestare dei soldi e ogni raccolta andata male portava a un odio crescente verso di loro.


Origine n°3:
Gli ebrei non vogliono integrarsi nel mondo cristiano-occidentale!


Relegati da leggi religiose e civili nei loro ghetti, periodicamente perseguitati e anche sterminati, gli ebrei svilupparono una forte identità culturale che li fece sopportare e sopravvivere. Ma il loro essere diversi che si vedeva anche nel modo di vestirsi e in molte abitudini quotidiane, la loro "resistenza culturale", li rese ancora più oggetto di sospetti e di attacchi ingiusti. Colui che è diverso è tendenzialmente pericoloso. Questo vale oggi e valeva ancora di più per la società medioevale. Gli ebrei furono usati come capri espiatori per tutte le occasioni, furono resi colpevoli persino della peste che nel Trecento devastò mezza Europa: a Strasburgo, per esempio, furono sepolti vivi 2000 ebrei ritenuti responsabili di quella terribile epidemia.


Origine n°4:

Gli ebrei vogliono dominare tutti i paesi, per poterli manovrare secondo i loro interessi!


Questa è la versione più "moderna" dell'antisemitismo, è quella inventata dai nazisti per canalizzare i mille motivi di scontentezza e di rabbia del popolo contro una facile preda. In tutti i governi, in tutte le organizzazioni internazionali si potevano trovare degli ebrei, anche in posizioni importanti, e così era molto facile trovare delle "prove" per questa assurda affermazione. L'antisemitismo doveva diventare così una lotta di tutti i popoli contro un nemico che minacciava tutti.

mercoledì 5 gennaio 2011

PABLO NERUDA


LENTAMENTE MUORE di Pablo Neruda
(Va però segnalato che non sono tutti d'accordo sull'attribuire questa poesia a Pablo Neruda. Il testo sarebbe stato scritto da Martha Medeiros, giornalista e scrittrice brasiliana nata nel 1961)


Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi é infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza
per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o
della pioggia incessante.
 
Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicità.

Sfida 1: commenta questa poesia scegliendo un aspetto che ti ha particolarmente colpito.

Sfida 2: scrivi di alcune PICCOLE FELICITA' che la vita ti può regalare, per il momento non toccare l'argomento delle GRANDI FELICITA', quelle che derivano dagli affetti importanti, come i genitori, i nonni, ecc. Descrivi piccole cose che possono, in qualche modo, renderti "felice".

Esempi:

"Un momento di piccola felicità è quando, al momento dell'interrogazione, il prof mi guarda, poi, come ipnotizzato da una mia silenziosa supplica, sposta lo sguardo e fa una domanda al mio vicino di banco" (Michele F.)

"Quando l'amico che mi ha rubato la fidanzata è stato lasciato dalla mia ex fidanzata" (Giancarlo T.)