venerdì 25 marzo 2011

AMORE O SOFFERENZA? ESSERE INNAMORATI A DODICI ANNI...


Le prime palpitazioni nascono sui banchi di scuola già alle elementari, se non alla  materna.  Si adocchia  la bimbetta o il bimbetto col quale si  lega per simpatia, ciò avviene in modo  naturale, all'improvviso, senza un motivo, nei bimbi non esiste un calcolo. Comincia così  il rito degli ammiccamenti, la complicità nei giochi, bacini innocenti e  sorrisi.  A quell'età non si viene presi in considerazione dai grandi, anzi diventa per l'adulto un argomento di derisione  da raccontare, sottovalutandolo. Secondo me,  pensandoci bene è  invece il più pulito. Poi, crescendo, cominciano anche le sofferenze, l'amore è anche questo! Nascono rivalità  e gelosie nei confronti dell'amica  più corteggiata  perchè più carina o più spiritosa o perchè non si viene corrisposti. Sono quei mali interni inspiegabili che tutti noi conosciamo,  un  malessere generale  che priva il corpo  delle forze,  porta  all'inappetenza e a  pianti di sfogo, tutto dipende dalla forza che risiede in noi nel superarlo.  Nell'età  adulta si diventa più  riflessivi, ma i mali del cuore restano sempre tali, anche se sono legati a motivazioni, fra virgolette,  più serie e meno fanciullesche. Spesso i ragazzi ne soffrono. Si  sentono inutili e non accettati,   si addossano colpe o   si attribuiscono difetti fisici non esistenti, senza pensare che questo è un sentimento  stupendo, ma complicato. Il  detto  tramandato  ci dice che "al cuore non si comanda! ". Purtroppo  in questi casi il cervello non vuole connettere per portarci alla ragione, e ci manca poco che finiamo tutti come il povero Orlando F.!  L'amore dovrebbe  essere un sentimento che riempie di gioia il cuore, la mente e l'anima, ma, in certi casi, gioca brutti scherzi. Come fare? 

Tratto e adattato da http://www.corriere.it/ , 2 gennaio 2011

Si accettano proposte e soluzioni! A voi ragazzi...

venerdì 18 marzo 2011

LA MAESTRA ORDINO': TUTTI IN FILA, C'E' IL TERREMOTO

di Vittorio Zucconi
Esperienze drammatiche del terremoto e dello tsunami che hanno colpito il Giappone. Ora si ha paura delle radiazioni delle centrali nucleari colpite dal sisma (= terremoto)


IN FILA PER TRE
"Terremoto, bambini" annuncia la voce dell'insegnante, come se annunciasse "compito in classe" o "merenda". Duecento alunni, fra la prima elementare e la quinta, si muovono tutti insieme. Salgono le scale, raggiungono il tetto piatto seguendo l'insegnante, si dispongono nello stesso ordine che avevano in classe, quelli della prima con quelli della prima, la seconda con la seconda, i maschi da una parte con le loro camicine bianche su calzoni blu, le femmine con le loro gonne obbligatoriamente plissettate e le calzette bianche dentro le pianelle. Gli insegnanti li fanno cantare, a turno. I più grandi ripassano un po' di matematica e di lettura dei "kanji", degli ideogrammi. Sotto di loro la lava sale, porta automobili, barche, pali della luce, masserizie quasi al livello del tetto, che è ad appena dieci metri di altezza, la stessa del muro iniziale venuto dall'oceano. Resteranno per sette ore sul tetto piatto, a cantare, a ripassare, a farsi i dispetti, fino all'arrivo degli elicotteri militari che poggeranno sul tetto e li porteranno via, tutti.
Naturalmente prima la prima, poi la seconda.... ultime le maestre.

NEL REGNO MAGICO
Topolino ha fatto la sua parte, e come non avrebbe potuto, lui così coraggioso, così altruista. C'erano 25 mila visitatori nella "Disneyland" di Urayasu a nord di Tokyo quando le guglie del "Regno Magico" hanno oscillato e i carrelli degli otto volanti si sono fermati automaticamente. Nella città dei divertimenti non mancavano né cibo, né acqua, né generatori, né edifici rimasti in piedi.
Venticinque mila persone, più gli impiegati, con dodici mila bambini stanno vivendo un sogno che potrebbe essere un incubo o viceversa: da due giorni abitano la città della fantasia, mangiando e dormendo a spese del Topo, in attesa che i trasporti pubblici ripartano e che possano tutti tornare a casa, se ancora hanno una casa. Ma molti bambini non hanno voluto dormire dentro la Casa dei Fantasmi.

LA DERIVA DELLE COSE
Satoshi Sakada di Fukushima ha visto tutto da una pianta, sulla quale si era arrampicato. Ha visto la sua casa, classico due piani con giardinetto, tra i rami di quell'albero che le foto ritraggono come l'unica cosa ancora in piedi sopra quella colata di cose e di liquame. "Mi sono visto passare davanti il televisore, che galleggiava come una tavola da surf, poi il frigorifero, poi il letto, poi la macchina, poi i tavoli e le sedie che mi scorrevano sotto i piedi mentre l'albero ballava. Era la mia vita che mi passava via davanti". Stranamente, Satoshi ha visto la deriva delle cose, ma non delle persone. "Non ho visto passare la mia famiglia, ma doveva essere sotto quella lava, o ancora dentro la casa aggrappata a qualcosa, quando l'acqua ha portato via anche quella".

TANTE SCUSE
Chusei Sato guarda la melma nera che ha inghiottito le sue risaie, coltivate da quando aveva 20 anni, 41 anni or sono. "Tutto finito, mi scusi tanto. La terra non potrà mai più tornare come prima. Mi scusi". È il proprietario di tanti di quei campi e di quelle serre ordinatissime che abbiamo visto risucchiate dall'avanzare della marea immonda.
La vide quando era a 200 metri dalla sua casa e gli sembrò lentissima, perché il fronte dell'acqua doveva prima entrare in avvallamento e poi risalire.
Quando si decise a correre fuori, a tentate di raggiungere un cocuzzolo non era troppo tardi per lui, ma per la sua famiglia. "Credo che l'acqua abbia inghiottito mia moglie e mio figlio, mi scusi".

Tratto da http://www.larepubblica.it/ del 13 marzo 2011

lunedì 7 marzo 2011

GARIBALDI, UN'ICONA DEL RISORGIMENTO


IL 17 MARZO 2011 SI FESTEGGIANO I 150 ANNI DELL'UNITA' D'ITALIA (1861-2011).

Uno dei protagonisti di questo incredibile evento è Giuseppe Garibaldi, o Peppino, come era chiamato, nato a Nizza nel 1807. All’epoca Nizza faceva parte del Regno di Sardegna, ma successivamente la città costiera fu ceduta alla Francia. Questo fatto fece infuriare Garibaldi, e la leggenda vuole che lo stesso Peppino dicesse di esser nato italiano, ma che sarebbe morto francese.
Continuò a condurre la sua vita da marinaio anche nei primi anni di vita in Brasile, dove si rifugiò dopo aver partecipato ad azioni insurrezionali (INSURREZIONE = RIBELLIONE). Qui incontrò Anita, alla quale fu vicino fino alla morte. Dopo essere tornato in Italia ed aver combattuto nella I guerra d’Indipendenza e a difesa della Repubblica Romana, dovette assistere alla morte della moglie, che seppellì vicino Ravenna, durante la fuga da Roma.
Dopo altre avventure, arriviamo a narrare forse una delle più eroiche spedizioni della storia italiana: quella dei Mille. I 1089 volontari (dei quali il più giovane aveva undici anni e il più anziano settanta!) salparono nella notte del 6 maggio 1860 da Quarto, nei pressi di Genova, con due navi, il Piemonte e il Lombardo, ed arrivarono a Marsala l’11 maggio. Già a Salemi ci furono i primi festeggiamenti per i garibaldini e spuntarono i primi tricolori. Garibaldi arrivò a Palermo. L’astuzia di Peppino e l’incompetenza dei generali Borbonici (che bombardarono la città per creare confusione, ma questo fece perdere loro l’appoggio dei palermitani), furono decisive per la conquista della città. Riuscì a passare lo Stretto di Messina e conquistò Reggio Calabria senza combattere, poiché molti generali si fecero corrompere. Il governo del Regno delle Due Sicilie si dimise e non c’era più niente da fare quando anche un farmacista stava togliendo lo stemma borbonico. Garibaldi entrato a Napoli rese omaggio a San Gennaro, partecipò alla festa di Piedigrotta ed entrò al teatro San Carlo inneggiando al Re Vittorio Emanuele II. Il generale e il Re sì incontrarono nei pressi di Teano (provincia di Caserta, in Campania). Alla vista del Re, Garibaldi, che indossava il poncho sulla storica camicia rossa, si tolse il cappello  e disse “Saluto il primo Re d’Italia”, e consegnò al Sovrano le terre conquistate. Il generale successivamente rifiutò onori e denaro, e si imbarcò dal molo di Napoli per Caprera (arcipelago della Maddalena, Sardegna).
Lì rimase pochissimo e tornò a viaggiare. Voleva conquistare Roma. Voleva risalire dalla Calabria, e qui dei bersaglieri, quindi sabaudi, gli spararono alla coscia destra (la pallottola fu estratta solo anni dopo dal medico personale di Napoleone III). Ormai il grande Generale era scomodo ai palazzi della politica. Andò a Londra, dove fu accolto da mezzo milione di persone, e nella III guerra d’Indipendenza salvò l’onore nazionale riportando alcune vittorie importanti e arrivando fino al Trentino.
Roma fu presa senza il Suo contributo,cosa che lo rattristò molto. Ma continuò a girovagare e a combattere.
A Caprera, in età avanzata, ebbe tre figli (oltre ai vari già avuti in passato, alcuni dei quali morti) da una ragazza astigiana, badante dei nipoti. Si scoprì che l’Eroe dei due mondi era povero: consigli comunali raccolsero fondi, Palermo gli concesse un vitalizio e il governo gli assegnò una cospicua pensione, accettata solamente quando al Governo venne eletto  Agostino Depretis (che combattè nei Mille).
L’ultima avventura fu un durissimo viaggio verso Palermo, dove fu invitato ai festeggiamenti per il sesto centenario dei Vespri Siciliani. Era malato e stanco, ma la folla lo salutò con un entusiasmo straordinario.
Tornò a Caprera e morì. Era il 2 giugno 1882, e aveva settantacinque anni splendidamente vissuti.
Perdonatemi per la lunghezza, per un articolo di giornale, e per la brevità, come ritratto storico, ma non potevamo festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia, senza parlare di Garibaldi, che incarna il Risorgimento ed è stato e rimane, forse, l’unico vero Eroe della Nostra Patria. Tanti Auguri Italia.

Articolo di Marco cecili, http://www.150litaliacanta.com/