Dormire per strada a -4, un altro clochard morto. Notte d'inverno a Milano coi city angels.
Il corpo di un uomo, un clochard di Milano, è stato trovato privo di vita questa mattina in via Farini, accanto a un supermercato. Il decesso dell'uomo, di circa 50 anni, potrebbe essere stato causato dal freddo. Sul posto il 118 di Milano. Ad accertare la causa esatta della morte sarà l'esame autoptico. Il clochard è stato identificato soltanto attraverso un tesserino dell'Opera San Francesco di Milano, l'Onlus dei frati capuccini che offre assistenza ai poveri, che aveva in tasca.
Dormire, per strada, a -4 gradi. Il freddo penetra nelle ossa, i piedi e le mani diventano insensibili. Se si ha la tempra forte si resiste, battendo i denti. Nei peggiori dei casi, quelli che fanno notizia, si muore. A Milano è successo qualche giorno fa, quando una donna senza tetto, 48 anni, è morta per strada, sbronza. Per capire cosa voglia dire essere invisibili, a Milano, e dormire su un marciapiede con due o tre coperte addosso, abbiamo seguito per una notte i city angels, il gruppo di volontari che da 16 anni, nel capoluogo lombardo, porta cibo, scarpe e vestiti ai clochard.
Il giro inizia alle 21
Si parte dalla sede dell'associazione in via Teodosio. Fuori c'è già un freddo pungente, uno o due gradi sotto lo zero. Il gruppo è formato da sei persone, ognuna di loro usa un nickname per essere individuato: c'è Condor (il caposquadra), Charlie, Onda, Luna, Rock ed Eterea.
Prima tappa a Tonale, dietro la Stazione Centrale, nel magazzino dell'associazione che vive di donazioni spontanee. Bisogna raccogliere più materiale possibile: con il freddo sempre più rigido servono coperte, tante coperte, e giubbotti pesanti, maglioni, pantaloni e scarpe. «Le scarpe – ci dice Charlie – sono il bene più prezioso per i senza tetto: sono il loro unico mezzo di locomozione, si rompono facilmente e spesso se le rubano tra di loro». Davanti al magazzino incontriamo i primi clochard. Giuseppe – il nome è di fantasia – prende un sacco a pelo. «Questo basta per la notte?», gli chiediamo. E lui: «Ma va, ne ho qua un altro, di quelli grossi», ci risponde. Se li farà bastare.
Verso il centro
Fatto rifornimento di tutto il possibile, si parte per il centro di Milano. Senza tetto anche qui? E' sempre Charlie a rispondere: «Ce ne sono veramente tanti che dormono in zona Duomo, durante il giorno diventano invisibili nelle strade dello shopping ma la sera escono fuori, aspettano di dormire sotto i portici che li riparano un po' di più dal freddo».
Alle 22 il furgoncino con cui si muovono i city angels si ferma in una stradina tra il Duomo e San Babila. Ci sono 10-15 persone ad aspettare: aumenteranno nel corso della sosta. Jasser ha bisogno di guanti, Fulvio di due cappotti, Antonio è in fila per il cibo caldo. I city angels distribuiscono panini con carne e formaggio, dolci e the caldo. Una benedizione con la temperatura che sta scendendo.
Un signore che non ci dice il suo nome racconta che lui è fortunato: ha una casa che lo protegge d'inverno ma con 250 euro di pensione al mese non riesce a mangiare né ad avere acqua calda. Racconta di conoscere parecchie persone che dormono sui marciapiedi: «C'è un tipo che vive così da 25 anni, un altro da 12… Così, in strada». E quando c'è molto freddo? «Si mettono sette otto coperte addosso perché con una muori comunque. L'unica cosa bella – conclude amaro –è che se te ne vai per il gelo nemmeno te ne accorgi. Di freddo si muore, punto e basta».
In centro i city angels rimangono più di un'ora e mezzo. Poi dritti a Cesano Boscone, nell'hinterland milanese. Ci sono 7 rom che vivono in due baracche, non hanno nulla.
A Cesano Boscone
Quando il furgoncino arriva, c'è Ana ad aspettarlo. E' intirizzita, ha un cappotto non troppo pesante addosso. Prende le buste che Condor, Luna, Eterea e gli altri hanno preparato. Ringrazia, augura buon Natale, poi ripete «freddo, freddo, i bambini hanno freddo». E non hanno vestiti abbastanza pesanti per riscaldarsi.
Non ne hanno neppure i city angels. Si stringono dispiaciuti nelle spalle, Eterea ha il magone: «Facciamo quello che possiamo ma a volte non basta».
E' notte fonda, la temperatura è arrivata a – 4: si gela anche sul furgoncino, con il riscaldamento acceso. Salutiamo Ana e ci chiediamo che sonno avranno i suoi bambini. La risposta che immaginiamo non ci piace affatto.
Tratto da
http://www.ilsole24ore.it/, 21 dicembre 2010