Crescono le tensioni tra manifestanti e polizia
REGIME: FORMA DI GOVERNO CHE NON RISPETTA LE LIBERTA' DEI CITTADINI
IL CAIRO, 28 gennaio 2011 - Twitter è stata la prima vittima, poi sono cominciati i problemi con Facebook. Ma quando anche internet è stato oscurato, i democratici egiziani hanno avuto la certezza che le loro proteste stavano avendo un peso.
“Il governo ha bloccato internet per impedirci di dire al mondo cosa sta succedendo davvero qui in Egitto”, ha detto Sherif Gomaa, l’impiegato di un bar del Cairo che ha partecipato alle proteste di piazza.
Le manifestazioni in cui si chiede l’espulsione del presidente egiziano Hosni Mubarak, praticamente un dittatore, sono ormai al quarto giorno, e non danno segni di volersi fermare. Sarebbero almeno quattro i morti e centinaia i feriti dall’inizio degli scontri, il 25 gennaio, dichiarata "Giornata della collera”.
Le proteste scoppiate in tutto il paese sono le più violente che il regime repressivo di Mubarak abbia mai visto nei suoi 33 anni al potere. Più di 1.200 dimostranti sono stati arrestati, secondo i gruppi locali per i diritti.
In un primo momento le autorità egiziane avevano negato di voler interferire nelle comunicazioni. “Il governo non ricorrerebbe mai a certi metodi”, aveva detto mercoledì scorso il portavoce del governo Magdy Rady alle agenzie stampa, affermando che il governo egiziano rispettava la libertà d’espressione, e avrebbe garantito la libera circolazione delle informazioni.
Secondo coloro che protestano, il governo avrebbe cominciato a bloccare internet già dal 25 gennaio, per impedire ai dimostranti di usare le reti sociali per coordinare le manifestazioni anti-regime, oltre a diffondere notizie sugli scontri con la polizia. Le interruzioni del servizio sono aumentate con l’intensificarsi delle proteste.
Il governo, che controlla l’accesso a internet, sembra abbia bloccato diversi siti web egiziani di privati noti per le loro critiche al regime.
Twitter è oscurato da martedì scorso. Facebook ha assicurato che anche le sue connessioni sono state bloccate.
È la prima volta che il governo egiziano blocca completamente il traffico internet in risposta a disordini sociali. Il blackout di internet è stato attivato proprio mentre gli attivisti tentavano di diffondere sul web immagini video delle violente azioni di polizia contro i dimostranti.
Gli attivisti hanno dichiarato il 25 gennaio “giornata della collera” per la prima volta su Facebook e Twitter, utilizzando i popolari siti di social network per raccogliere consensi. Più di 80mila persone si sono unite al gruppo di FB affermando che avrebbero partecipato alle proteste.
“Abbiamo dimostrato che l’attivismo online è in grado di trasformarsi in azione di piazza”, ha tuonato Mohamed Abdel Moneim, tra i 15mila manifestanti stimati presenti il 25 gennaio nella centrale piazza Tahrir del Cairo. “È cominciata su Facebook, per poi prendere piede per un effetto a catena e diventare qualcosa di molto più grande”.
Questa mattina sono stati interrotti tutti i servizi di telefoni cellulari e televisioni satellitari. Solo telefonia fissa e comunicazioni via fax sono rimasti in piedi.
“Quello che il regime sta vivendo non è il risultato di una rivoluzione del social network, ma delle politiche stupide e corrotte che ha portato avanti negli ultimi 30 anni”, aveva scritto il blogger egiziano Zeinobia.
Qualche ora dopo, il blog è rimasto silenzioso.
Le manifestazioni in cui si chiede l’espulsione del presidente egiziano Hosni Mubarak, praticamente un dittatore, sono ormai al quarto giorno, e non danno segni di volersi fermare. Sarebbero almeno quattro i morti e centinaia i feriti dall’inizio degli scontri, il 25 gennaio, dichiarata "Giornata della collera”.
Le proteste scoppiate in tutto il paese sono le più violente che il regime repressivo di Mubarak abbia mai visto nei suoi 33 anni al potere. Più di 1.200 dimostranti sono stati arrestati, secondo i gruppi locali per i diritti.
In un primo momento le autorità egiziane avevano negato di voler interferire nelle comunicazioni. “Il governo non ricorrerebbe mai a certi metodi”, aveva detto mercoledì scorso il portavoce del governo Magdy Rady alle agenzie stampa, affermando che il governo egiziano rispettava la libertà d’espressione, e avrebbe garantito la libera circolazione delle informazioni.
Secondo coloro che protestano, il governo avrebbe cominciato a bloccare internet già dal 25 gennaio, per impedire ai dimostranti di usare le reti sociali per coordinare le manifestazioni anti-regime, oltre a diffondere notizie sugli scontri con la polizia. Le interruzioni del servizio sono aumentate con l’intensificarsi delle proteste.
Il governo, che controlla l’accesso a internet, sembra abbia bloccato diversi siti web egiziani di privati noti per le loro critiche al regime.
Twitter è oscurato da martedì scorso. Facebook ha assicurato che anche le sue connessioni sono state bloccate.
È la prima volta che il governo egiziano blocca completamente il traffico internet in risposta a disordini sociali. Il blackout di internet è stato attivato proprio mentre gli attivisti tentavano di diffondere sul web immagini video delle violente azioni di polizia contro i dimostranti.
Gli attivisti hanno dichiarato il 25 gennaio “giornata della collera” per la prima volta su Facebook e Twitter, utilizzando i popolari siti di social network per raccogliere consensi. Più di 80mila persone si sono unite al gruppo di FB affermando che avrebbero partecipato alle proteste.
“Abbiamo dimostrato che l’attivismo online è in grado di trasformarsi in azione di piazza”, ha tuonato Mohamed Abdel Moneim, tra i 15mila manifestanti stimati presenti il 25 gennaio nella centrale piazza Tahrir del Cairo. “È cominciata su Facebook, per poi prendere piede per un effetto a catena e diventare qualcosa di molto più grande”.
Questa mattina sono stati interrotti tutti i servizi di telefoni cellulari e televisioni satellitari. Solo telefonia fissa e comunicazioni via fax sono rimasti in piedi.
“Quello che il regime sta vivendo non è il risultato di una rivoluzione del social network, ma delle politiche stupide e corrotte che ha portato avanti negli ultimi 30 anni”, aveva scritto il blogger egiziano Zeinobia.
Qualche ora dopo, il blog è rimasto silenzioso.
ROMA - La Casa Bianca (= Barak Obama) si è detta «molto preoccupata» per gli sviluppi della situazione in Egitto. La presidenza Obama ha esortato il governo egiziano a rispettare i diritti della popolazione e a riattivare l'accesso a Internet. E il segretario di stato Hillary Clinton ha ammonito le autorità egiziane a non usare la violenza contro le dimostrazioni pacifiche nel paese.
Tratto e adattato da larepubblica.it 28 gennaio 2011